di Maurizio Coccia
È oggettivamente l’argomento tecnico del momento, quello che sta facendo discutere addetti ai lavori (e anche non), quello che ha “acceso” la Classicissima di Primavera con un sussulto tecnico oggettivamente raro a vedersi in un ciclismo “road” sempre un po’ ingessato dai “paletti” di regole Uci che sono piuttosto stringenti.
Ovviamente parliamo del reggisella telescopico usato da Matej Mohorič alla Milano-Sanremo, quello che gli ha concesso di fare un “numero” giù dal Poggio avvantaggiandosi sui più diretti inseguitori in quei “folli ” 3.300 metri di discesa.
Tanti hanno considerato quel reggisella regolabile alla stregua di una novità assoluta, soluzione geniale presa in prestito dal mountain biking e in questa occasione carta vincente per inventare un finale di “Sanremo” così avvincente ed emozionante.
In realtà, in contesti e situazioni diverse abbiamo già detto che nel recente passato anche altri corridori hanno utilizzato il “telescopico”, ad esempio Nibali qualche stagione fa.
Non solo: l’assistenza neutrale servita da Shimano, in tutte le corse Uci di cui è partner, già dalla scorsa stagione impiega abitualmente reggisella telescopici sulle bici montate sulle ammiraglie blu.
È ovvio, in quel caso la finalità e la funzione del componente sono oggettivamente diverse: sono quelle di adattare la posizione in sella in situazioni di emergenza che dovrebbero essere temporanee e che puntano a bypassare la momentanea assenza dell’ammiraglia ufficiale.
Il “numero” di Mohorič evidentemente è stata cosa ben diversa, perché lo sloveno ha deliberatamente scelto di utilizzare questa carta tecnica per giocarsi una corsa monumento, per farlo nella fase più delicata di questa gara, investendo non senza azzardo sulle sue innate caratteristiche da discesista.
Ma come dimostrano le macchine Shimano, il “telescopico” nelle gare su strada è tutto fuorché una novità assoluta. Che poi la funzione di questo componente possa essere sia quella di gestire il cambio bici, sia quella di “inventarsi” le corse, questa è solo una ragione in più per assegnare a questo componente ulteriore dignità, un motivo per investire sul suo affinamento in un’ottica di “corse strada” e ancora per dargli spazio in un mondo “road” che tecnicamente parlando è sempre un po’ troppo legato alla tradizione, restio a provare e sperimentare.
25 mar 2022 – Riproduzione riservata – ©Cyclinside