11 feb 2018 – Nel ciclismo dal caso Festina in poi, periodicamente abbiamo qualcuno che ha urlato al reset totale, pugno di ferro, ricominciamo da capo, e poi immancabilmente succede un nuovo scandalo. E quel qualcuno inizia a urlare le stesse cose. Così siamo poi passati attraverso i casi Fuentes, al caso Armstrong, per citare i maggiori, ma ci sono stati cento altri scandali minori, arrivando al giorno d’oggi al nuovo caso Rumsas, di nuovo questo nome associato al doping, con un triste crescendo di colpevolezza non regolamentare ma sociale.
Poi arriva il caso Froome. Leggero, perché leggera è la sostanza di cui è incolpato di aver abusato. E invece il caso Froome è il più importante di tutti, il peggior caso di doping degli ultimi anni.
Non importa la sostanza. Non importa quanti atleti siano coinvolti. Non importa nemmeno quante gare ha vinto lo stesso Froome. Quello che importa è che un atleta, o meglio una squadra, visto l’organizzazione che lo segue, riesce a tenere in scacco tutto il mondo del ciclismo. A calpestare il regolamento, appoggiata dall’UCI. A calpestare il tanto decantato Codice Etico del World Tour. A calpestare i valori dello sport stesso: se Froome fosse stato un corridore da centesimo posto, oggi avremmo semplicemente un corridore licenziato e con una squalifica di diversi mesi, come quelle affibbiate a Petacchi e Ulissi, presi positivi con la stessa sostanza ma con un quantitativo dimezzato rispetto al vincitore dell’ultimo Tour e della Vuelta contestata.
Il tipo di sostanza, la quantità, non importa. Froome sta gareggiando. E se vince una gara, ora? A questo punto abbiamo due scenari possibili: l’UCI lo incolpa, e gli deve togliere i risultati. Chiaramente se Froome farà risultati, avrà in ogni caso sfalsato le gare: un conto è non esserci, un conto è gareggiare e poi essere estromessi dall’ordine di arrivo. Condiziona le tattiche di gara, le decisioni di corsa. L’altro scenario è lo scagionamento completo, e quindi non si capirebbe perché altra gente ha pagato per problemi minori, e soprattutto non si capisce perché sia l’unico corridore della storia a non aver subito per lo meno uno stop cautelativo.
Il ciclismo non riesce ad uscire da questo buco nero che perdura da 20 anni. Froome ne è l’ennesima ombra. Se guardiamo su Wikipedia alla parola Tour De France troviamo un vero e proprio campo di battaglia di risultati cancellati, e di ombre e misteri sui corridori rimasti, spesso comunque indagati. Ora la situazione è ancora peggio: l’UCI stessa non riesce (o non vuole) farsi rispettare e far rispettare le regole.
Stefano Boggia
Bell’articolo, peccato la mancata conoscenza del regolamento e delle tempistiche dei casi precedenti.
Da una testata “specialistica” ci si aspetterebbe qualcosa di più professionale
In realtà quello che ci si aspetta è proprio la coerenza con i casi precedenti.
(PS una testata giornalistica si aspetta che i lettori commentino col proprio nome).
– Guido Rubino
@Redazione. Ma rispondete anche. “l’unico corridore della storia a non aver subito per lo meno uno stop cautelativo”…. Ma chi scrive gli articoli ha mai seguito il ciclismo.. Ne è strapiena la storia di Corridori presi per doping.. Solo per nominarne alcuni che non ebbero alcuna sospensione per casi di doping relativi proprio al sabutamolo: Indurain, Ullrich, Rominger, Ballerini… Solo per parlare di grandi campioni della storia degli ultimi 20 anni che non hanno pagato un solo giorno di squalifica o di sospensione cautelativa da parte della squadra per casi di doping relativi al sabutamolo… Se ci si mette a spulciare anche tutti i casi relativi a corridori meno conosciuti, o a corridori di epoche più lontane ne troverai a centinaia… No l’unico corridore della storia ecc ecc.
Franco, erano altri tempi per fortuna. Ora chi ha l’ombra di qualcosa di sbagliato addosso viene fermato proprio dal team per evitare situazioni imbarazzanti. Poi registreremo volentieri una prova dell’innocenza di Froome che lasci tutti soddisfatti. Ce ne sarebbe davvero bisogno.
L’autore dell’articolo, Stefano Boggia, ha un po’ di esperienza e qualche anno da pro’ al suo attivo.
– Guido Rubino
@Redazione e dove sarebbe la disparità di trattamento?
Dal caso Petacchi il regolamento è stato cambiato.
Gli unici casi di squalifica (perchà in caso di non squalifica non sarebbero resi noti) analoghi dopo la modifica del regolamento sono quelli di Ulissi, squalificato dopo 7 mesi e di Pliușchin, squalificato dopo 8 mesi.
Quindi dove sarebbe la “non coerenza” con i casi precedeenti?