7 apr 2018 – L’anno scorso la Quick Step aveva praticamente una sola punta alla Parigi Roubaix: Tom Boonen. Il campione belga alla sua ultima corsa aveva accarezzato il sogno di una cinquina storica e memorabile. Le cose però andarono diversamente, purtroppo per lui e anche per la sua squadra che rimase a bocca asciutta.
Quest’anno è una Quick Step molto diversa quella che si presenta al via della Regina delle Classiche. Una squadra che ha già superato le aspettative (perché una cosa è prendere la mira, altra vedere di aver fatto già così tanti centri) ed ha molte frecce al suo arco. Quattro in particolare: Terpstra (che ha appena vinto il Fiandre), Stybar (che sa già come si vince una Roubaix), Lampaert (che sta andando fortissimo) e Gilbert, che forse ha meno esperienza ma potrebbe essere proprio quello su cui fare una puntata in più.
Ne abbiamo parlato con Adrea Tonti, ex professionista che è tornato a vestire la maglia della Quick Step stavolta non da corridore ma come tour operator. Con la sua Bike Division, infatti, organizza viaggi dedicati agli appassionati e collabora con la stessa Quick Step Floors per il progetto Experience che porta appassionati di tutto il mondo a vivere un’esperienza speciale assieme ai corridori in prossimità delle gare più importanti.
Andrea Tonti ieri ha pedalato per 65 chilometri affianco ai corridori che domenica si sfideranno sul pavé ma anche affianco a Johan Museeuw, uno che di Roubaix se ne intende e che ricordava tutte le pietre della sua storia sul pavé.
«Certo oggi sono cambiate le cose – racconta Andrea Tonti – una volta per vincere la Roubaix era fondamentale l’esperienza, la conoscenza della corsa. Era quella che ti faceva sapere dove scattare e dove stare davanti per i punti più delicati. Quando l’ho fatta io mi ritrovato con accelerazioni improvvise di cui solo dopo capivo il motivo. D’altra parte non puntavo certo a vincerla, anche se le pietre se non le affronti aggredendole, finiscono con l’aggredirti loro.
«Oggi, con le radio, il corridore forte riesce a essere davanti nei momenti decisivi perché lo avvisano dall’ammiraglia, anche se il percorso non lo conosce come chi ha corso dieci Parigi Roubaix. E tutto sommato Gilbert al Fiandre è quello che ha difeso la vittoria di Terpstra, ci potrebbe stare che domenica la squadra gli ricambi il favore».
«La tattica di una squadra si decide anche sul momento poi, tanto più in una Parigi Roubaix che spesso è imprevedibile. Dopo la foresta di Aremberg si inizieranno a fare i conti» conclude il nostro interlocutore.
Intanto tra le maglie blu si fanno i conti delle biciclette. Ieri le pietre le hanno provate tutti con una Specialized Roubaix (quelle dotate di ammortizzatore Future Shock, pensato proprio per la Roubaix). Anche gli ospiti che hanno pedalato sulle seconde e terze biciclette dei professionisti del team belga. Tubolari da 28 millimetri di sezione a 5,5 atmosfere (un po’ di più per i più pesanti) e, per ora, niente freni a disco. In una corsa così dove l’ammiraglia rimane lontana, viste le tendenze del momento, difficile che qualcuno oserà diversamente. Rapporti classici per questa corsa: 53-47 davanti e 11-25 dietro. Altro non serve.
Solo forza, concentrazione e un po’ di fortuna da sfidare. Per ora il tracciato è asciutto e perfetto, ma le previsioni per domani non sono ancora sicurissime e bisogna essere pronti a qualche modifica tecnica dell’ultimo minuto.
La tensione inizia a salire. È normale da queste parti e a questo punto. C’è da affrontare l’Inferno del Nord, quello che porta in paradiso.
Guido P. Rubino