30 giu 2018 – Gli ultimi chilometri dello scalatore lucano per me rimangono tatticamente oscuri. A sette chilometri dal traguardo sono solamente in tre: un velocista, uno scalatore ed un passista. Il finale è però aperto a tutti, con uno strappo duro, discesa e arrivo. Tutti possono giocare le proprie carte, ma Pozzovivo decide di non collaborare, con buona pace di Oss che si arrabbia parecchio, non capendo il motivo di questa presa di posizione. Con uno su tre che non collabora non si può che finire a scatti in faccia, e così prima parte Viviani, e poi Oss, che guadagna qualche metro. Pozzovivo si incarica di andare a chiudere su Oss proprio prima dello strappo, portandosi dietro Viviani – il favorito – in carrozza. Risultato: all’attacco dell’ultimo strappo arrivano Oss ormai cotto, Pozzovivo stanco e Viviani fresco come una rosa, visto che da oltre 1 km sta a ruota di Pozzovivo senza tirare.
Per definire le differenze tra uno scalatore e un velocista non è basta mettere la strada in pendenza, ma molto conta anche il tempo di applicazione dello sforzo massimo. Uno strappo ha un tempo di percorrenza breve, e quindi è spesso più adatto a un velocista che a uno scalatore, nonostante la differenza di 14 chilogrammi fra Pozzovivo e Viviani. Se poi ci arrivi con un chilometro in testa a tutta per riprendere un passistone come Oss, cercare di fare ancora la differenza è abbastanza fantascientifico.
Giovanni Visconti gioca tutte le sue carte alla grande, gestendo la gara da vero “vecchio”. Se ne era già accorto anche Martinello, che ben prima del finale lo ha indicato come corridore da tenere d’occhio. Rientrando ci regala uno dei finali più incerti che ci possano essere: un velocista sicuramente vincente da solo contro due compagni di squadra che devono batterlo. Rientra e scatta da dietro, come da copione. Viviani da pistard consumato lo sa, e chiude.
E da qui io mi aspetto la battaglia, scatto e contro scatto. E invece dopo soli tre scatti Pozzovivo si mette in testa a tirare a tutta velocità. Per un po’ Visconti attende staccato di cinque metri che l’andatura si abbassi in modo da poter tirare un’altra frecciata da dietro, ma invece Pozzovivo continua imperterrito a tenere l’andatura alta.
Praticamente porta Viviani alla volata della vittoria.
Perché? In tutte le gare il secondo posto conta poco, ma ancor di più all’Italiano, quando c’è in ballo una maglia. E arrivare con Viviani vuol dire perdere. Se poi si arriva in tre all’arrivo o in 5 o in 8 perché sono rientrati quelli da dietro, cambia poco: sempre persa è. L’unica speranza sarebbe stata una mitragliata di scatti, che anche se improbabile avrebbe però potuto fare qualche differenza. Ma l’andatura regolare: quella è stata proprio una manna per Viviani.
Piccola considerazione a livello internazionale: se su di un percorso con oltre 3000 metri di dislivello è riuscito a vincere Viviani, forse per il Mondiale estremamente duro di quest’anno quello che dice Sagan – di poter essere in grado di giocarsi il quarto Iride – è da prendere seriamente in considerazione.
Stefano Boggia
Bravo Stefano, bel commento. Forse che Pozzovivo da buon corridore di corse a tappe di tre settimane non è proprio un espertone di tattiche per gare da un giorno?