Nel corso della sua storia la bicicletta da corsa ha subito diverse importanti evoluzioni dal punto di vista geometrico. Dalle prime forme particolarmente allungate e con angoli “comodi” del ciclismo eroico, quello che si pedalava su strade sterrate e quindi con la necessità di dare una risposta di comfort, per quanto possibile, ai ciclisti, si è arrivati a forme sempre più compatte.
Il punto di svolta, in questo senso, si ebbe attorno alla fine degli anni ’70 del Novecento, quando le strade, ovviamente asfaltate, permettevano qualcosa di più. Se la bici diventa più scattante ai corridori piace di più, si pensò e questo era pure vero, fermo restando che l’acciaio era un materiale comunque in grado di fornire un certo comfort proprio per la sua elasticità e capacità di assorbire le vibrazioni.
Con l’acciaio era il boom delle biciclette su misura. Per i professionisti c’era l’imbarazzo della scelta, chi la voleva più comoda e chi più “nervosa”: c’era la bicicletta giusta per tutti e i telaisti italiani erano i maestri assoluti di queste soluzioni. Per gli amatori, che facevano gare in circuiti piuttosto brevi, si cominciarono invece a sperimentare forme più raccolte. Geometrie che non disdegnava più di qualche professionista.
L’arrivo dell’alluminio cambiò un po’ le cose. Il materiale ha caratteristiche meccaniche decisamente diverse rispetto all’acciaio e molti mantennero la stessa linea geometrica col risultato di ottenere biciclette decisamente “dure” anche se dall’impressione assolutamente scattante e nervosa. A molti piacevano così, ma per altri significava qualche dolore in più. C’era ancora il su misura ad aiutare e i telaisti, sempre maestri d’arte, sapevano sopperire adeguatamente alle caratteristiche del materiale.
>>> Alluminio e comfort in bicicletta
L’arrivo dell’alluminio sul mercato coincise anche con il boom della mountain bike. La bicicletta da fuoristrada aveva geometrie completamente diverse, arrivo il concetto di “telaio sloping” e si iniziò a ragionare su misure standard ma non centimetro per centimetro: si iniziò a proporre a catalogo solo tre taglie di telaio da adattare, poi, con la componentistica. Una soluzione che permetteva ai colossi dell’industrializzazione (in estremo Oriente) di poter realizzare in serie telai. Dalla mountain bike si azzardò alla strada, l’idea era rivoluzionaria, come detto, era nel concetto completamente diverso: si consideravano i punti di appoggio ideali del ciclista: manubrio, pedali e sella e si trovava il modo di metterli nel posto giusto a prescindere dalla dimensione del telaio. Se questo da una parte era azzeccato, dall’altra toglieva dalla scelta il comportamento geometrico della telaio. Forme diverse comportano un approccio diverso sulla strada e una reazione diversa del mezzo. Ma nel mercato globalizzato ci poteva stare, d’altra parte rimaneva comunque l’alternativa del su misura per i cultori della posizione.
Quando arrivò la fibra di carbonio nei telai, all’inizio, non comprendeva tutta la struttura. Per primi diventarono in carbonio i pendenti posteriori. Questa soluzione serviva a mitigare la rigidità dell’alluminio dando al telaio una capacità di assorbimento delle vibrazioni che prima non aveva. A parità di geometria l’aiuto fu concreto. Anche perché si era passati a riprodurre sull’alluminio le geometrie nervose che c’erano sull’acciaio. Se con il “vecchio” materiale la cosa poteva avere un senso, con l’alluminio la scomodità si fece spesso evidente.
A dire il vero pochi pensarono a intervenire sulla geometria, era un periodo di evoluzione tecnologica notevole e si cercava il più possibile di proporre novità evidenti sul mercato. Una differenza geometrica si sarebbe notata poco, ma volete mettere il carbonio? Quello sì che si vedeva ed era lì che spingeva anche la grande produzione.
Il destino dell’alluminio a un certo punto apparve segnato e con buona pace di chi invece aveva pure lavorato bene sulle geometrie sfornando telai confortevoli anche in lega. La fibra di carbonio era il destino di tutti, l’unico limite erano i costi che sarebbero andati a diventare sempre più competitivi nel tempo.
Tanto più che con la fibra di carbonio le caratteristiche di comfort o nervosità di un telaio non dipendono solo dalla geometria ma anche dal materiale e da come viene realizzato.
>>> Cos’è la fibra di carbonio
Le ultime novità parlano di studi anche sulla geometria e sulle forme dei telai, non solo delle tubazioni che li compongono e questo, per fortuna, lascia spazio a tantissime interpretazioni. Gli stessi artigiani italiani, dapprima disorientati dalle produzioni in serie a basso costo che costarono il mercato a molti, ora stanno rilanciando con personalizzazioni impossibili da realizzare per chi ragiona con la logica della produzione industriale, d’altra parte si tratta di mercati completamente diversi che possono convivere e, anzi, offrire alternative in più a chi vuole acquistare una bicicletta da corsa.
Al tempo stesso si sono riscoperti i materiali “altri”. È tornato in auge l’acciaio, ma anche il titanio nel suo ruolo mai tramontato di prodotto nobile, ma pure l’alluminio ha la sua collocazione e non c’è materiale migliore dell’altro: solo impieghi differenti che si esaltano con uno o l’altro materiale.
E c’è ancora tanta storia da scrivere.
Allora, mi spiegate perché Saronni fine anni settanta a cronometro andava più forte di quelli di adesso ?