24 ott 2020 – Geoghegan Hart girava al contrario la mano e toccava la radio, per parlare con l’ammiraglia. La situazione tattica si stava mettendo bene per lui, Kelderman, la maglia rosa, staccato inesorabilmente, il suo compagno di squadra, Rohan Dennis, a menare il ritmo manco fosse in pista a inseguire il record dell’Ora. Invece stava spianando le rampe del Sestriere, manco fossero un cavalcavia.
Con loro, però, rimaneva Jai Hindley, giovanissimo e pericolosissimo avversario che avrebbe potuto fare male e sembrava davvero pedalare bene. E allora clic sul microfono a cercare un consiglio o almeno un conforto.
È andata così, dati alla mano, a misurare quanto si sarebbe potuto davvero spingere e provare a lasciare sulla strada gli avversari. A che serve attaccare? Se io valgo 10 e tu 8 prima o poi ti staccherai e vincerò io. Sì, semplicistica così, ma è inevitabile che il contatto diretto con l’ammiraglia non possa che suggerire una cosa: aspetta, risparmia le energie che non si sa mai.
Un attacco sarebbe un rischio troppo grande per chi il Giro vuole vincerlo e non può permettersi di rischiare di buttare via tutto con un attacco che sì, potrebbe dare la gloria, ma anche far perdere un eventuale piazzamento.
Aspettare.
Abbiamo vissuto tutto il Giro d’Italia 2020 sull’attesa di un attacco che non c’è stato praticamente mai. Forse, l’unico scatto classificabile come attacco è stato quello di Kelderman tamponato subito dal compagno di squadra Hindley (parliamo di attacchi per la Classifica Generale, non valgono le fughe di giornata). Tutto qui. Il resto è stata selezione da dietro. È stata spettacolare anche quella, certo: il passo con cui si sono fatte certe salite parla di prestazioni di prim’ordine, altro che seconde linee. E tanto di cappello a Rohan Dennis, dominatore dello Stelvio. Però ci manca, ancora una volta, la fantasia del corridore che inventa anche quando la fatica prende il sopravvento. Questa mancanza di attacchi, forse, è figlia proprio di questo ciclismo super calcolato. Non si osa più perché è troppo rischioso. Oppure possiamo classificare come attacco il passo forsennato che ha provocato la selezione da dietro? Probabilmente dovremo farci andare bene questo.
Abbiamo anche smesso di sognare accordi tra ammiraglie. Se ci sono state alleanze non è stato certo in favore dello spettacolo. Accontentiamoci qui, intanto. Già essere alla vigilia della tappa di Milano è un sogno che non avremmo osato coltivare qualche settimana fa.
Guido P. Rubino